MICHELIN-O 2023
La prima guida interattiva su WhatsApp e su questa pagina > Giudizi, Voti e Quotazioni
>>> la guida indipendente di “Luca Rossi” per districarsi nel mercato dell’arte, fra fiere e biennali sempre più caotiche, diluite e omologate nei contenuti. Un se ne pole più. NON un modo per affossare gli artisti ma per STIMOLARLI
L’arte contemporanea potrebbe essere una palestra per allenare nuovi occhi, e quindi lo stato dell’arte contemporanea la dice lunga sulla condizione di un paese. E’ un risultato culturale ma anche motore culturale. La nostra capacità di vedere presiede a tutto, alle nostre scelte, alla nostra vita privata, alla percezione del mondo; fino a problemi di stretta e drammatica attualità, dove riconoscere il male in tempo può tenerlo fuori dalla porta e salvarci.
Una sorta di Guida Michelin del mondo dell’arte: voti, giudizi, quotazioni. Ogni opera può avere un rating da 0 a 100 – ogni artista può avere 1,2,3 stelle ed è possibile sapere il prezzo di un’opera 50×50 cm di un dato artista. Oltre a questa pagina per tutto questo c’è un numero diretto con Luca Rossi che può fornire in tempo reale consigli e quotazioni: 3478864509
Dopo anni di lavoro critico e progettuale quotidiano, riferiti al sistema dell’arte italiano e internazionale, il collettivo Luca Rossi -già da diversi anni- ha pensato di creare un rating, una sorta di guida Michelin del mondo dell’arte (leggi qui un’intervista a Luca Rossi); non una Bibbia ma un punto di vista che dovrebbe unirsi ad altri punti di vista (che non ci sono!).
Questo innanzitutto per difendere gli artisti sul lungo periodo, per proteggere i collezionisti e per fortificare il mercato, evitando bolle speculative o prezzi completamente arbitrari che sul lungo periodo fanno il male degli stessi attori coinvolti. Il collettivo Luca Rossi attivo da più di 20 anni è formato da oltre cento esperti e appassionati che vivono in tutto il mondo.
Il PREZZO di un’opera d’arte dovrebbe dipendere da tre elementi:
1) Al 70-80% dal valore artistico dell’opera che può essere argomentabile, ponendo l’opera in relazione alla storia dell’arte e al presente.
2) Al 20% dal curriculum vitae dell’artista, ossia la carriera dell’artista stesso.
3) Solo al 10% dal sostegno del sistema che può essere una “stampella spezzata” che può avere un ruolo ma deve essere marginale, sia per non creare squilibri nei prezzi che per non far ”sedere gli artisti sugli allori” (come avvenuto spesso in Italia).
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La DOMANDA dovrebbe essere influenzata da questo rating e non unicamente dalle seconda e terza voce. Successivamente la DOMANDA, incontrando l’OFFERTA, andrà ad accettare o rifiutare un dato prezzo. Oggi invece il prezzo è completamente arbitrario e la DOMANDA decide l’acquisto secondo tre parametri:
1) Quando “mi piace”: guardando l’aspetto decorativo e un frettoloso storytelling fatto dal gallerista e dall’artista
2) Quanto “se ne parla”: guardando solo alle seconda e terza voce del rating
3) Quanto può essere un “buon investimento”: guardando solo alle seconda e terza voce del rating
Questa dinamica sul LUNGO PERIODO fa il male di tutti gli attori coinvolti nel sistema, in primis: artisti, collezionisti e galleristi. Questo sistema precario ha reso gli artisti deboli (o si dedicano a altro o diventano completamente dipendenti dal doping delle pubbliche relazioni, vedi Tosatti), questo lo vediamo bene in fiere e biennali: opere omologate intercambiabili, codici e linguaggi derivativi, opere carine-ornamentali che fanno riferimento più al design d’interni che alle opportunità dell’arte contemporanea (effetto IKEA EVOLUTA).
Il primo problema è che i collezionisti sono i “clienti migliori del mondo”, perchè non protestano mai per un acquisto di cui si sono pentiti: questo vorrebbe dire svalutare ulteriormente la propria scelta e la propria collezione. Questo li disincentiverà sul lungo periodo rispetto al contemporaneo e li spingerà sempre di più verso il moderno di prima o seconda fascia (come sta succedendo). Chi ha in collezione Frosi, Chiasera o Tuttofuoco, artisti che 20 anni fa avevano una certa verve e oggi si sono spenti, non potrà mai favorire un confronto critico su questi artisti, perché il rischio è di vederli marginalizzare e svalutare ulteriormente. Per questo motivo questo RATING deve necessariamente essere indipendente, onesto, argomentato, proprio per limitare il più possibile censure e tentennamenti esterni. Ripeto non rappresenta la Bibbia ma sicuramente un punto di vista estremamente qualificato che potrebbe anche riservare sorprese che per molti sono sicuramente inaccettabili. Ma questo RATING rappresenta anche un atto d’amore e un grande stimolo per quegli artisti ancora in vita e che si stanno spegnendo, in assenza di un contesto nazionale e internazionale di qualità.
Adesso prenderemo in esame più di 50 artisti nazionale e internazionali a cui verrà dato un voto, il voto insieme al secondo e al terzo indice del rating, determinerà il prezzo per un’opera dell’artista nelle misure standard di 50×50 cm (faremo degli esempi più in basso). Inoltre ad alcuni artisti verranno date 1,2 o 3 stelle Michelino. Se ci scrivete via WhatsApp al 3478864509 possiamo mandarvi il RATING sulla singola opera di un determinato artista moderno o contemporaneo.
Maurizio Cattelan > Recentemente ennesima grande retrospettiva a Seul dove assistiamo ad una carrellata di tutti i suoi lavori più famosi che però, installati tutti insieme, tendono a depotenziarsi a vicenda. La stessa cosa fatta al Guggenheim di New York nel 2011 era molto più efficace perché metteva tutte le sue opere sospese e quindi in discussione. Questa autoanalisi, al di là della bella provocazione della banana, non ha sortito grandi effetti: l’artista ha realizzato la sua ultima opera significativa solo nel 2001 (Him) e quindi langue da almeno 22 anni. Negli ultimi anni vive di rendita con opere tutte profondamente legate alla sua produzione anni ’90. Pur riuscendo ad avere buone opportunità per sostenere il suo mercato, l’artista, bianco e occidentale, non è riuscito ad aggiornare la sua pratica alla stretta contemporaneità: a parte l’operazione della banana da 120 mila dollari (Comedian, 2019) che comunque è una “non opera”. Aspettiamo da lui qualcosa di più che tante “retrospettive anni 90” in Asia dove l’artista star bianco e occidentale risulta ancora avere buon appeal esotico. Voto 7 > 2 Stelle Michelino
Nando Crippa > artista che con grande semplicità e senza virtuosismi o complicazioni post concettuali, realizza dei monumenti al “momento quotidiano”. Ossia quella dimensione che oggi diventa sempre più importante, anche politicamente parlando. Voto 6
Eugenio Tibaldi > grande lavoro sulle periferie formalizzato con buona capacità formale. Anche lui ultimamente piegato sulla elaborazione vintage e del mercatino dell’antiquariato. Potrebbe fare di più togliendo quel continuo riferimento “vintage”. Voto 4,5
Gian Maria Tosatti > grande lavoro di pubbliche relazioni che come doping sostengo un percorso artistico acerbo e ricco di lacune tra intenzioni e progetto. Anche lui Sindrome del Giovane Indiana Jones: fissato con la polvere, la ruggine e il vintage. Quando deve formalizzare le opere a parete queste appaiono totalmente derivative di informale e arte povera. Le pubbliche relazioni che ha saputo macinare durante il periodo Covid portano i riflettori su una ricerca che prima del 2020 era presente ma marginale in Italia. In pochi mesi diventa unico artista del Padiglione Italia 2022, Direttore della Quadriennale 2022 e protagonista di un solo show nel 2023 presso Hangar Bicocca a Milano. Tosatti parla di “non evoluzione” del sistema occidentale, quando questo dato è sbagliato dal punto di vista storico. Parla di declino industriale italiano quando il mondo dell’industria e lo stato italiano, lo finanziano per oltre due milioni di euro nella produzione del Padiglione. Vorrei sapere quanti paesi non occidentali avrebbero sostenuto un progetto artistico critico verso il paese stesso. Il Padiglione appare ripiegato sul vintage e sulla nostalgia del passato, perseguendo quella che è ormai diventata una facile moda (Sindrome del Giovane Indiana Jones). Il lavoro fatto alla Quadriennale ha avuto il grande pregio di aprire una questione critica fondamentale in Italia, per la parte artistica c’è tempo per esorbitare e mettere a fuoco quella sua attitudine che avevo lodato nel progetto del telescopio a Roma intorno al 2011. Voto 6,5
Silvia Hell > trova attitudine e codici completamente suoi, per nulla derivativa. Questo già tantissimo, ma vorremmo vedere anche altri lavori che mantengono questa forza. Voto 6,5
Giulia Cenci > rimasta ad una dimensione accademica e acerba prima nella rielaborazione informale poi nella scomposizione del corpo. Anche lei estetica archeologica sia essa in stile scavo Pompei o immaginario post industriale. Come Tosatti e Senatore le pubbliche relazioni la spingono a ripetere all’infinito forme deboli che rischiano di cristallizzarsi e diventare un problema. Voto 5
Yuri Ancarani > In pochi giorni e a pochi chilometri di distanza fa due mostre personali, al Mambo di Bologna e al Pac di Milano. Se però spegniamo i proiettori i due musei rimangono vuoti. A dimostrare la crisi del dispositivo opere d’arte che nel lavoro di Ancarani trova stratagemmi narrativi per salvarsi un pochino. Molto sostenuto dallo stesso Cattelan una decina di anni fa (Ancarani era diventato il videomaker delle imprese di Cattelan), riesce ad affermarsi come artista e regista tra cinema e arte contemporanea. Il recente “Atlatide” (più di 100 minuti) appare bolso e lento, cercando di fare il verso allo “stile Sorrentino” che già di per sè presenta non pochi problemi. Altre volte scivola eccessivamente nella dimensione del documentario, come nel film “Leonardo”. L’aiuto di Cattelan, che lo proponeva sistematicamente in molti ambiti (Moma, Guggenheim, Galleria Zero, produzione di film), ha sicuramente aiutato la sua ricerca ma non basta, la magia de “Il Capo” (2010) fatica a ritornare. Voto 4,5
Namsal Siedleki > artista affetto dalla Sindrome del Giovane Indiana Jones in purezza. Ultimamente mette delle tele sotto un ruscello in Francia molto ricco di calcio e saltano fuori tele calcificate in modo intrigante. Germano Sartelli negli anni 50 faceva fare le opere alle tele dei ragni, questa attitudine si chiama “informale” ed è legata a qualcosa che succedeva 70 anni fa. Se il contemporaneo si abbandona nel 2023 a questi linguaggi derivativi diventa “ikea evoluta”, pretenzioso design da interni. Voto 4
Danh Vo > capostipite internazionale della Sindrome del Giovane Indiana Jones, elaborazione archeologica del proprio vissuto con pezzi di archeologia autentica e altre buone soluzioni formali. Voto 5
Jacopo Benassi > trova una temperatura autentica e personale nella fotografia, tra Tillmans e Nan Goldin. Bellissime le sue sovrapposizioni di opere e fotografie, deve solo stare attento a non scivolare anche lui nella moda del vintage. Un po’ troppo fermo su questa soluzione e alcuni performance. Voto 6
Francesco Gennari > artista che aggiunge qualcosa alla tradizione dell’arte povera riguardando a Gino De Dominicis; molto belle le opere dove c’è una perdita di controllo fisica o emotiva, come la degenerazione di Parsifal con la farina o l’opera in marmo bianco che sembrano due nevicate che coprono la sua emotività. Voto 7 > Due Stelle Michelino
MSCHF > collettivo americano che rilegge capitalismo e arte anni 90′ in modo distopico e sfidante. Ultimamente arenati troppo sulla vendita di sneakers. Speriamo bene. Voto 7 > Una Stella Michelino
Marinella Senatore > artista che dichiara istanze partecipative, politiche e femministe in opere e progetti che non contengono queste istanze, ma che si limitano ad essere piacevoli forme di “pop art” come luminarie colorate e feste colorate. Anche lei si affida al doping delle pubbliche relazioni e allo storytelling, sostenuto da curatori e addetti ai lavori, per conferire valore alle sue opere e non farci vedere quello che in realtà sono. Voto 3,5
Giorgio Andreotta Calò > artista super sostenuto in Italia e che non è ancora riuscito ad avere un riconoscimento internazionale, nonostante avesse ottimi sostegni. Anche lui affetto dalla Sindrome del Giovane Indiana Jones: carotaggi da sotto terra, opere informali come le clessidre erose dall’acqua (le tele fatte dai ragni di Sartelli negli anni 50); opere che indagano le profondità dei mari, camminate alla Richard Long e conchiglie marine che sembrano reperti archeologici. Benino il suo Padiglione Italia ma sempre giocato su atmosfere lugubri da scavo nelle profondità. Voto 4,5
Irene Fenara > buona l’idea di fermare momenti “poetici” delle telecamere di sorveglianza, ma serve un corpo di lavoro più diversificato e forse meno contemplativo. Voto 6
Giulio Alvigini > meme e battute pungenti sul mondo dell’arte, sempre sul confine tra satira e opere d’arte. Troppo concentrato a far ridere dei problemi invece che risolverli, soprattutto perchè ridono, spesso e a denti stretti, solo gli addetti ai lavori. Dovrebbe sviluppare più opere d’arte autonome fuori dalla critica istituzionale dei MEME. Voto 6
Diego Marcon > molto sostenuto anche lui, si affida al cinema per creare opere che possano tentare di salvarsi con l’espediente narrativo. Il suo Ludwig, in computer grafica, prima al Premio Maxxi 2018, poi recentemente nel 2023 alla Fondazione Trussardi, si salva per il virtuosismo e l’effetto speciale grafico; ma se Ludwig diventa, per esempio, scultura (come avvenuto da Galleria Zero e Sadie Coles) perde tanto e sembra un’opera di Elmgreen e Dragset di 30 anni fa; anche il video in Biennale (invitato da Cecilia Alemani moglie di Massimiliano Gioni curatore di Trussardi), appare melenso e poco significativo, e anche qui l’espediente degli attori marionetta è uguale all’idea del regista Kaufman che nel 2015, e quindi molto prima dell’opera di Marcon, fa il film Anomalisa. Voto 4
Ali Cherri > fresco vincitore del Leone d’Argento alla Biennale di Venezia 2022, come migliore artista giovane. Indovinate cosa fa? Statuette di fango che sembrano proprio di un qualche museo archeologico. Super Sindrome del Giovane Indiana Jones, anche con poco esuberanza formale. Voto 3,5
Haris Epaminonda > vincitrice del Leone d’Argento alla Biennale di Venezia 2019, come migliore artista giovane. Parliamo anche qui di una scelta internazionale: anche lei elabora codici e fregi dell’antica grecia. Sindrome del Giovane Indiana Jones in purezza. Sono tutti artisti sfumatura di un unico artista, interessante che i primi a percorrere queste strade siano stati i nostri Flavio Favelli e Francesco Vezzoli in tempi non sospetti. Voto 4
Flavio Favelli > da più di 20 anni e da tempi non sospetti si dedica ad un’ossessiva e appassionata elaborazione del mercatino dell’antiquariato. Ultimamente troppo ripetitivo e ridondante con una sovra esposizione in Italia (è ovunque e in qualsiasi contesto fieristico) che non trova uguale visibilità internazionale dove è fortemente assente. Voto 5
Francesco Vezzoli > da più di 20 anni e da tempi non sospetti di dedica ad un’ossessiva e appassionata elaborazione del glam vintage e ultimamente di reperti archeologici autentici. Non è “la mia tazza di Tè” ma ne apprezzo molto la sua ossessione, che riesce a trovare link con la contemporaneità. Molto efficace in questo senso la sua ultima mostra a Roma a Palazzo delle Esposizioni. Voto 7 > Due Stelle Michelino
Italo Zuffi > forse l’artista più significativo, insieme a Vezzoli, della sua generazione. Ottima idea del Mambo per la sua personale recente. Trova una sua temperatura che restituisce l’eccletismo di fine anni ’90. Voto 6,5 > Una Stella Michelino
Monica Bonvicini > artista tra i 4-5 italiani che hanno posizionamento internazionale, propone da anni lavoro rigoroso rispetto i rapporti di potere, con cinghie, catene e atmosfere minimal. Negli ultimi anni meno a fuoco e arriva in finale a tre per il Padiglione Italia 2022, poi vinto da Tosatti-Viola. Evidentemente ripresenta questo progetto dopo pochi mesi alla Neue Nationalgalerie diretta da super curator Klaus Biesenbach, sintomo di una generazione di curatori che diventano anche star. Interessante quando chiede al pubblico di rimanere in manette per tot tempo nella sua mostra, ma allora più a fuoco su questo Santiago Sierra. Negli ultimi anni ha vissuto di rendita e non ha sviluppato in modo realmente efficace il suo lavoro. Voto 5
Patrick Tuttofuoco > della generazione di Zuffi perde negli anni l’energia e la vitalità con cui lo conoscevamo, anche con le grandi palle colorate da spingere dentro la Zona di Massimiliano Gioni nel Padiglione Italia “volante” del 2003. Viveva a Berlino oggi torna in italia con buon supporto di pubbliche relazioni con cui vince una serie di bandi dove mette opere al neon di braccia conserte a richiamare l’infinito e mani che si muovono. Altissimo rischio arredo urbano e ikea evoluta per le opere più convenzionali, ormai ripiegate su una facile elaborazione colorata e formalista. Voto 4
Agnes Questionmark > giovanissima artista dalla biografia intrigante che sembra la figlia o nipotina di Matthew Barney. Interessante la sua performance dove rimane per ore immobile, vestita da strana creatura marina, in una teca in centro a Milano. Simbolo di un nuovo panteismo “ggiovane” che fa riflettere rispetto le ragazze della sua stessa generazione che si sporcano di fango per protestare pro clima e contro l’uso di combustibili fossili. Per evitare la deriva sul linguaggio derivativo di Barney, deve sicuramente esagerare e rendere le sue opere sempre più reali e sempre meno rappresentative di un immaginario. Se le opere discendono da attitudini noi queste attitudini possiamo applicarle ogni giorno, se le opere discendono da immaginari ci troviamo davanti ai gadget fini a se stessi di Harry Potter o l’ultimo film Marvel. Voto 5
Tino Sehgal > vera promessa dell’arte contemporanea internazionale degli ultimi 20 anni. Molto bene fino al 2012, poi entra in crisi dilatando le sue performance “solo da vivere dal vivo” e facendole scivolare molto pericolosamente verso una forma di prevedibile e noioso teatro danza. Bellissima la sua opere recentemente nella mostra di Palazzo Strozzi che presentava la collezione Sandretto. Il pezzo migliore della collezione e completamente immateriale e non documentabile. Voto 7,5 (sulla fiducia) > Due Stelle Michelino
Roberto Cuoghi > recentemente al Friedicianum con una personale che non convince. Lavoro poco a fuoco, tante cose poco incidenti. Anche lui della generazione di Zuffi e perso, negli ultimi anni, in una sorta di archeologia (spesso “marina” e poi ricordiamo i suoi Imitatio Cristi al Padiglione Italia 2017). Anche lui Sindrome del Giovane Indiana Jones con opere che vogliono intrigare come reperti “stranissimi”. Ottimo sostegno del Clan Cattelan fino a passare alla Galleria De Carlo al colosso Hauser and Wirth, dove qualsiasi cosa, butatta nello stand in fiera, assume valore e diventa comunque interessante. Voto 4,5
Luca Bertolo > migliore pittore metà carriere attualmente in Italia. Eclettismo colto e giocoso. Ogni opera sembra fregare una lettura banale della pittura. Ottimo interprete della pittura che io ritengo oggi terza via percorribile con efficacia. Voto 7 + > Una Stella Michelino
Chiara Enzo > Pittura intima e iper realista. Ottimo sviluppo di linguaggi derivativi del 900. Non basta. Voto 5,5
Luis Fratino > giovane pittore super cool del collezionismo internazionale che sembra consolare tutti con la pittura sulla crisi dell’opera non pittorica. Riferimenti a Picasso e alla cultura LGBTQ. Secondo me non basta. Voto 3,5
Cyprien Gaillard > anche lui promessa dalla scena internazionale, e a mio parere non mantenuta. Come Cuoghi lavoro confuso su diverse direttive e necessità di elaborare antico e modernariato per segnare. Voto 3,5
Claire Fontaine > Pur sviluppando un’azione concettuale interessante, che però rischia di diventare Smart Relativism, permangono all’interno di un recinto culturale elitario che riesce ad affrontare alcune problematiche in modo ristretto e simbolico. Hanno realizzato la scritta sull’abito Dior di Chiara Ferragni: “pensati libera” (citazione non loro…). Tutto bene, ma il rischio è quello di una semplificazione che non considera alcune resistenze politiche e sociali: una mamma che subisce violenza in casa potrebbe non avere la possibilità di “sentirsi libera” per motivi economici, lavorativi e sociali. Ancora una volta l’arte deve fare un lavoro culturale più profondo e complesso se vuole affrontare certe tematiche, al di là dell’effetto spettacolare e simbolico che comunque va benissimo. Voto 4,5
Paola Pivi > anche lei della generazione di Zuffi e la sua attitudine degli inizi si confonde, per esempio con i suoi orsi colorati. Ottimo sostegno dal Clan Cattelan, alti e bassi; bene per esempio il suo progetto per Fondazione Trussardi o la passerella presentata recentemente a Marsiglia. Deve mantenere il suo fuoco più efficacemente. Voto 4,5
Gabrile Chaile > artista molto amato dai curatori cool internazionali e invitato con i suoi grandi forni tradizionali alla Biennale 2022 di Cecilia Alemani. Sindrome del Giovane Indiana Jones che però si salva con una forte autenticità e una resa formale originale. Vorremmo però vedere altro. Voto 6,5
Delphine Valli > artista di origini francesi e di base a Roma. Agisce sullo spazio in modo minimale e molto personale. Vogliamo vedere di più. Voto 6
Francesco Arena > Sindrome del Giovane Indiana Jones riferita alla rielaborazione accademica dell’arte povera. Perfetto per un pubblico e un mercato che hanno già negli occhi l’immaginario dell’arte povera. Troppo derivativo. Voto 3,5
Alice Ronchi > definisce una sua attitudine molto delicata che però rischia di scivolare verso l’ikea evoluta. Deve stare molto attenta. Voto 4,5
Luca Trevisani > bellissimo il suo recente libro. Non riesce a trasferire, recentemente e del tutto, la sua attitudine nelle opere. A mio parere sta ancora cercando. Voto 4
Patrizio Di Massimo > pittura furba e ammiccante per un pubblico internazionale, un po’ come Fratino. Frizzante ma alla lunga si sgasa. Voto 5
Matteo Fato > da una pittura di origine asiatica e fatta di segni, ad una pittura più frontale che vuole essere autentica ad ogni costo. Ma questa ostinazione troppo evidente diventa una posa che risucchia l’artista nel derivativo del ‘900, come non pensare a Ligabue? E quindi a volte per sopravvivere deve trovare piccole stampelle installative, la cassa in mostra, lo straccio sporco del pittore. E quindi queste stampelle alla fine testimoniano la debolezza della pittura stessa. Voto 4
Iva Lulashi > situazioni ambigue e languide che coinvolgono diversi riferimenti in ambienti campestri. Tutto bene ma il rischio è che questa linea non possa sostenere la sua ripetitività, come invece poteva permettersi Morandi, per esempio. Staremo a vedere. Voto 6
Aldo Giannotti > altra scelta a sorpresa del Mambo. Quando la semplicità del tratto e della vignetta diventa un’arma efficace. Nelle opere alti e bassi. Voto 6
Carlo e Fabio Ingrassia > attitudine interessante ma troppo arenati, anche loro, nelle dinamiche concettuali e formali del novecento. Devono mettere tutto in discussione. Voto 4,5
Massimo Grimaldi > ultimamente elabora strani ritratti su iPad che sembrano discendere da una strana intelligenza artificiale. Ma ormai questi immaginari sono completamente anestetizzati dalla vera intelligenza artificiale capace di qualsiasi virtuosismo visivo. Sono lontani i tempi in cui devolveva il denaro per la mostra a favore di un ospedale di Emergency o dove destabilizzava la natura dell’opera d’arte con la presentazione di brevi testi a parete. Un artista che 10-15 anni fa aveva sicuramente un certa energia indagatrice che però oggi sembra arenata dentro l’iPad, come se l’uso dell’iPad la potesse salvare a prescindere. Voto 4,5
Ryan Gander > Artista concettuale inglese che seguo con grande interesse. Pur nel grande eclettismo riesce sempre a mantenere una temperatura specifica. Alcune piccole scivolate ma sempre da seguire con interesse. Voto 7 > Due Stelle Michelino
Michael E. Smith > Artista che non apprezzavo molto ma che ho imparato ad apprezzare. Il ready made si complica e assume una forte connotazione ambientale, giocando e dialogando con lo spazio. Questo determina un’attitudine e una temperatura specifici e capaci di farci allenare lo sguardo con piccoli slittamenti. Voto 6,5 > Una Stella Michelino
Nico Vascellari > artista che ho sempre criticato molto per una sua sovraesposizione in Italia e per un linguaggio che sembrava derivativo di alcune atmosfere alla John Bock che incontra il concertino punk di provincia. In realtà dopo un suo allontanamento dal sistema riesce a definire una sua via indipendente (i concerti nelle case durante il covid, i negozi pop up a Roma e Milano). Molto bene quanto rileva una tensione uomo-animale meno bene quando fa il revival dei primi anni troppo derivativi rispetto gli anni ’90. Oggi sembra tornare al sistema con opere come Falena (presentata al Maxxi e alla Triennale) e che lasciano un po’ a desiderare rispetto all’energia specifica che ci ha fatto intravedere. Bene il video a Firenze dove vola anestetizzato e benino la performance Alessio. Per lui adesso serve la scena internazionale e non continuare a macinare opportunità in Italia e che possono servire ad altri. Voto 6,5 > Una Stella Michelino
Luis Sal > quello che considero senza dubbio il miglior artista italiano emerso negli ultimi 10 anni. Parte da una consepavolezza della storia dell’arte che però poi viene declinata in modo del tutto personale rispetto la dinamica di visibilità e successo su YouTube. Supera i soliti giri del mondo dell’arte e le giurie di qualità. E determina una sua attitudine specifica che riesce a comunicare con tutti. Forse ultimamente un po’ ripetitivo, aspettiamo un salto di qualità. Voto 7,5 > Due Stelle Michelino
Ludovica Carbotta > interessante agli inizi con opere per una strana idea di città, e poi gli interventi rigorosi e incelofanati ad una collettiva al Mambo. Poi bel progetto per il Premio Maxxi 2018, anche se molto carico di cose. Ma poi, favorita probabilmente da Patrizia Sandretto, fa la Biennale di Venezia del 2019 e si perde in tanti box scultorei, tutti diversi, come esercizi di stile. Si trasferisce in Spagna poi recentemente in un progetto personale da OGR Torino, stesso ambiente che l’aveva sostenuta, e con grandi lavagne ed esperti di ogni settore a parlare. Lavagne ed esperti di ogni ambito danno la sensazione di voler trovare valori ed ogni costo, per poi restituire tutto in una dinamica aperta, troppo, dove si vuole includere tutto e il suo contrario. Poi ancora Lorenzo Balbi la inviterà per una personale al Mambo tramite i fondi Italian Council nel 2024. Balbi sempre formatosi in ambito Sandretto a Torino. Benissimo il sostegno ad oltranza ma prima bisogna fermarsi e avere un lavoro definito e robusto, mentre Ludovica sembra ancora in una dinamica acerba e accademica. Tutte queste opportunità senza un lavoro robusto diventano un boomerang che cristallizza percorsi ancora acerbi. Voto 5,5 (sulla fiducia in attesa di vedere bene la mostra al Mambo)
Ser Serpas > Artista nato nel 1995 a Los Angeles integra la pittura a sculture che rielaborano il ready made. Sia nei dipinti che nelle sculture emerge un’ attitudine specifica: una sorta di intimità sfrontata e a tratti brutale. Interessante. Voto 5,5
Jeanne Marie Appriou > Artista francese nato nel 1986 e scelto dalla Galleria Massimo De Carlo per Art Basel Unlimited 2023. Esprime perfettamente quello che cerca il collezionismo internazionale quando pensa al contemporaneo: quasi la trasposizione della pittura vintage di Fratino nel tridimensionale della scultura. Opere argentate ed espressioniste, grandi facce che ci guardano un fenicottero argentato dai piedi grandi e materici. I giovani piaccino se esprimono un ritorno all’ordine dal sapore “vintage” e che deve essere riconoscibile e facilmente leggibile. Voto 4,5
Pier Luigi Slis > deve trovare il tempo di radicalizzare un buona temperatura e una buona attitudine. Voto 6 sulla fiducia.
Binta Diaw > buone intuizioni che non cadono nella retorica “africa”, nella reiterazione però c’è il rischio di diventare monile esotico per un nuovo colonialismo subdolo…quasi per pulire le coscienze nei confronti del dramma migratorio. Il problema di un sistema critico che non è vitale e leale si vedono soprattutto sul lungo periodo: dopo molti anni ci accorgiamo di procedere in un deserto, oltre ai “soliti noti” sostenuti ad oltranza dal sistema non troviamo reali alternative. Ottobre 2023 improvvisamente calano dall’alto i 3 nomi finalisti per il “Bulgari Art Prize” organizzato periodicamente dal Museo Maxxi di Roma. Non è dato sapere quale sia il processo di selezione dal basso, chi siano i curatori che hanno selezionato il gruppo di artisti tra cui poi una giuria internazionale, tra cui il direttore del museo, ha selezionato tre artisti finalisti e una menzione per il mondo digitale, come se analogico e digitale fossero due cose a parte. Ma la scelta significativa è che due artisti su tre sono artiste donne nate in Italia ma di origini africane e nordafricane (Binta Diaw appunto e Monia Ben Hamouda). Il sistema dopo aver seccato i pozzi si butta su nuovi esotismi che rischiano di trasformare queste artiste in “monili esotici” per un colonialismo di ritorno. Le opere di queste artiste in cui è evidente il richiamo alla loro cultura di appartenenza, diventa come una bella stampa su un paio di pantaloni che possiamo trovare alla Rinascente o da Zara a Milano. Non solo, apprezzare queste artiste significa anche pulirci un po’ le coscienze rispetto le condizioni disperate di molti migranti provenienti dai paesi di origine di queste artiste. Se un artista di Viterbo, Palermo o Bolzano usasse le spezie che vede usare in casa da lanciare sulle sue sculture, o i suoi capelli come trame da mettere sul pavimento, non ci farebbe alcun effetto. Se lo fanno artiste tunisine o africane ecco che tutto diventa immediatamente “interessante” agli occhi dei curatori e dei collezionisti occidentali. Siamo un po’ come Cristoforo Colombo che arriva sulle sponde delle Indie e delle Americhe, non ci rendiamo conto che accettiamo l’Altro e il Diverso solo nella misura in cui troviamo opere d’arte stereotipate, “già digerite” e “accettabili”, e non per un reale interesse ad incontrare una cultura altra. Le stesse artiste sono lentamente trascinate ad ammiccare alla cultura occidentale e al sistema dell’arte nostrano, nel tentativo di evitare lavori insoddisfacenti e logoranti. Voto 5,5
Riccardo Benassi > una buona intuizione con i messaggi che arrivano poetici nei visori che sembrano quelli del bus…poi però altri progetti più fragili e confusi. Dovrebbe ottimizzare meglio una certa attitudine che potrebbe diventare molto efficace. Voto 6 sulla fiducia
Monia Ben Hamouda > ottime soluzioni formali in dialogo con la cultura mussulmana da cui proviene, l’uso delle spezie sulle sculture, il linguaggio e l’alfabeto arabo fissato nello spazio. Inevitabile rischio esotismo molto alto. Anche lei dovrebbe fortificare la consapevolezza di questo rischio e vedere cosa può succedere. Voto 6,5
Roberto Fassone > meglio degli esordi, anche lui dovrebbe focalizzare ed evitare di perdersi. Però buona attitudine spesso capace di uscire da schemi precostituiti e posture rigide e nostalgiche. Voto 6,5
Ines Vela > artista conosciuta da poco che vive tra Italia e Spagna e sviluppa una pittura autentica, una sorta di realismo magico che può anche trovare un dipinto come il luogo su cui ballare flamenco. Quando la pittura è la terza via. Voto 6
Laboratorio Saccardi > implodono nel “locale” e nel genius loci, affrontando un “corpo a corpo” con le proprie radici. Vogliamo vedere di più, incursioni, viaggi puntuali, nuove opere. Voto 6
Jesse Darling > incarna la necessità del sistema di attaccarsi a tematiche gender a prescindere dal suo percorso e dalle opere…come se un dentista venisse scelto non per la bravura ma per il suo gender. Il lavoro elabora ancora il ready made, molto simile a Se Serpas con identica storia di gender. Avendo vinto il Turner Prize 2023 la dice lunga sulla situazione dell’arte contemporanea internazionale. Voto 5
Prezzo opere 50×50 cm di questi artisti, a cui andrebbero aggiunti il secondo e il terzo coefficente per determinare il prezzo giusto e più realistico:
Da 0 a 2 > 300 euro
Da 2,5 a 4 > 500 euro
Da 4,5 a 5,5 > 1000 euro
6 > 7000 euro
7 > 10.000 euro
da 7,5 a 8,5 > 18.000 euro
da 9 a 10 > 30.000 euro
Ovviamente il coefficiente “carriera e mercato” (secondo e terzo indice) può modificare fortemente il prezzo, ed inoltre può essere gonfiato arbitrariamente soprattutto nella parte “pubblihe relazioni” che può essere decisa da poche persone e in modo non necessariamente meritocratico. Ma facciamo alcuni esempi utili:
Maurizio Cattelan opera 50×50 cm_Prezzo Indicativo: 9000 Euro + (secondo e terzo coefficente: Prezzo indicativo 13.000 euro)
Jacopo Benassi opera 50×50 cm_Prezzo Indicativo: 7000 Euro + (secondo e terzo coefficente: Prezzo indicativo 8000 euro)
Giorgio Andreotta Calo’ opera 50×50 cm_Prezzo Indicativo: 1000 Euro + (secondo e terzo coefficente: Prezzo indicativo 1200 euro)
Marinella Senatore opera 50×50 cm_Prezzo Indicativo: 500 Euro + (secondo e terzo coefficente: Prezzo indicativo 700 euro)
I’ve only been in the “art world” for 8 years developing a career as an artist and it’s the first time I’ve read something so direct, frank, and “without mincing words”.
Congratulations!! I also agree with you on your final text.
Your criticism of each artist is very interesting, clearly explaining your reasons.
Keep doing it!!
Alessandro Bellucco
….IMO
Correzione :
AlESSANDRO Bellucco
Pardon .
Analisi spietata e corretta per artisti super gonfiati da un mercato fasullo e che, fortunatamente, scompariranno nel tempo.
Very interesting
Complimenti.
Ho letto argomentazioni che molti pensano ma nessuno dice/scrive per non urtare “il sistema”
Grazie
Piacevolmente sorprendente leggere pareri chiari, ben motivati e, soprattutto, slegati dalle tenaglie commerciali di un mercato molto fasullo e autoreferenziale. Bravo!!
Grazie!
Finalmente una disamina chiara e argomentata.
Grazie
Grazie, non mancate di vedere almeno una delle opere di Luca Rossi nascoste in TUTTI gli stand di Artissima, basta scrivere a info@travelinggallery.cloud
Ma sto Indiana Jones quanto vale?
Positivo il parere sui costi delle opere, che normalmente sono gonfiate, in un mondo del collezionismo dove un Guido Reni può costare come una crosticina contemporanea.